Il calvario degli ex pazienti dei
Girasoli e del Giardino delle Rose (nomi così lontani dalla realtà
che suonano come uno scherno) sembra non finire mai.
Minacciati due anni fa di essere
trasferiti/deportati nella parte opposta della città in violazione
del principio della territorialità (rimanere cioè all’interno di
un contesto sociale, fisico e relazionale conosciuto per non
aggravare la loro condizione), oggi, come si legge nell’articolo di
Repubblica (28.11.2012), in procinto di essere sparpagliati come
fogli bianchi in più strutture della città e/o fuori perché la
ASL, tirata in causa dai precedenti articoli di Repubblica
sulla scandalosa condizione di degrado di questi edifici, ritiene che
il risanamento a cui sarebbe stata obbligata nel tempo, e mai
fatto, è troppo oneroso. (Non ha invece ritenuto oneroso il
costosissimo restauro di Villa Fabbri sede della Dirigenza ASL dentro
S. Salvi, né di Villa Iris).
Così,
senza fare una piega, l’ASL si accinge a risolvere a giorni la
questione nel solito modo, prescindendo dalle persone e dalle
ripercussioni che questi cambiamenti possono avere sulla loro vita.
I
residenti sono circa 70, non pochi e, come abbiamo detto più volte
nei nostri comunicati, soggetti fragili dal punto di vista delle
condizioni di vita e di salute. Più di altri bisognosi di
attenzione. Ma per
la ASL sono vuoti a perdere e si possono spostare a piacimento
da un giorno all’altro senza pensare a soluzioni intermedie meno
destabilizzanti.
Altro
problema è in quali strutture si spostano. Ancora ieri nessuno, né
ospiti, né operatori le conoscevano. Altre Residenze assistite
pubbliche all’infuori delle Civette non esistono perciò è
pensabile che per l’ennesima volta si conti sul privato a
pagamento. A carico di chi? Sono tutte domande che rivelano un modo
di agire dell’ASL che si commenta da solo: colpevole incuria,
mancanza di un piano organico di intervento con al centro gli uomini
e le donne, gravi carenze gestionali, sperpero del denaro pubblico e,
come in tutte le altre ASL, la disposizione a favorire operazioni
speculative piuttosto che prendersi realmente cura della persona
sofferente. Il tutto nel silenzio connivente della Regione e del
Comune per quanto rientra nella loro competenza. Nell’articolo
citato, il giornalista porta a sostegno del trasferimento anche
il fatto che le strutture ospitanti non hanno l’accreditamento,
cioè “non rientrano nei canoni previsti dalla Regione per
l’assistenza sanitaria” senza
domandarsi come mai la Regione non ha mai controllato, non ha mai
richiesto l’adeguamento o se lo ha chiesto come mai non si è
provveduto.Questo si spiega nella logica speculativa e spietata che presiede alla volontà di vendere/svendere S. Salvi invece di recuperarlo in funzione sanitaria e sociale come ce ne sarebbe bisogno per quel quartiere e per la città tutta. Solo così si sarebbe evitato il degrado della struttura e delle condizioni di vita degli ex pazienti dell’ospedale psichiatrico.
Ogni persona normale di fronte a questa situazione dovrebbe scandalizzarsi e preoccuparsi di quale trattamento gli sarà riservato se la salute comincerà ad avere dei problemi. Nessuno potrà essere sicuro che non lo riguardi.
La
toscana felix
anche sulla sanità sta perdendo il suo smalto e la riforma
annunciata dall’Assessore Marroni non può che peggiorarla.
Non
si tratta solo di padiglioni della vergogna, ma della vergogna di una
gestione complessiva.
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